mercoledì 20 agosto 2014

Stay fabolous

Due vagabondi, se non proprio barboni, arrivano alla sommità del Buena Vista park, proprio mentre noi ce ne stiamo andando.

E' mezzogiorno in punto.

Non puoi sbagliare perché una sirena scuote la città ed un altoparlante che la attraversa tutta (almeno la zona in cui siamo noi) annuncia irreparabilmente che è arrivata l'ora della pausa dal lavoro.

I due sono ragazzi molto giovani,  esemplari di una specie che qui chiamano genericamente "panhandlers", letteralmente persone che chiedono la carità per strada affiancando i turisti, in pratica la variante a stelle e strisce degli ijnieteros cubani. Tutti e due hanno i capelli sporchi ed arruffati. Uno è bianco coi capelli biondi, l'altro è un meticcio con un inizio di capellatura rasta.

Si siedono su una panchina poco sopra la nostra ed iniziano a fumare qualcosa di molto profumato che, appena aspirato, li fa tossire rumorosamente proprio come la mia Harley scarburata.
Girano accompagnati da un cane, alla moda di quasi tutti questi ragazzi sbandati. In questo caso la bestia è un bellissimo pitbull grigio, molto alto. Lui è sicuramente l'unico essere vivente sobrio nel raggio di qualche chilometro. Oltre a noi, naturalmente che, nonostante siamo perennemente avvolti, lungo tutto il percorso sulla Haight street, da continui effluvi di “maria”  riusciamo lo stesso a mantenere quella lucidità appena appena compatibile con il nostro stato di stanchezza.

Siamo arrivati in questa zona, dopo aver percorso un lungo tratto a piedi, tra saliscendi mostruosi, eleganti case vittoriane multicolore e numerose coppie gay indaffarate nelle faccende quotidiane tra le vie ed i negozi di questo quartiere arcobaleno.




Negli anni '60 questa via era la patria della contro-cultura americana. Il suo nome, come accade anche per tutte le altre vie,  è stato impresso nel cemento della pavimentazione vicino all'incrocio.


Durante l'estate del 1967 - conosciuta come The Summer Love - questa zona era piena di hippies e la sua aria era intrisa degli effluvi delle varie spezie che i figli dei fiori (e dell'erba) usavano per condire le  giornate. Effluvi ed erbe non tanto diverse da quelli che avvolgono i loro nipoti oggi, anche se le case, adesso, ristrutturate ed arredate lussuosamente, appartengono di sicuro ad un altro genere di persone.

La mattina era cominciata di buon'ora con la colazione da Starbucks ed una generosa spesa al supermercato vicino casa: un fantastico negozio della catena Whole Food, allestito con ogni ben di dio disposto con un arte da far invidia ai banchi del mercato della Boqueria di Barcelona.


Abbiamo comprato dell'agnello californiano per la cena di stasera oltre a quintali di frutta e verdura che non avremo mai modo di mangiare.
Dai commessi, gentilissimi, come tutti qui finora, ci siamo anche fatti consigliare dei vini californiani (un bianco ed un rosso) e del caffè da preparare con la macchina ad infusione.
Lo abbiamo preso in grani e poi fatto macinare al banco del bar interno da una disponibilissima signora che si è premurata di chiedermi con quale macchina l'avrei usato per macinarlo alla grana giusta.

Il contatto con la gente di qui è sempre stato affabile, quasi dolce. Come capitava in Australia, il fatto di essere italiani li dispone subito al meglio nei nostri confronti. Nemmeno qui, almeno finora, nessuna battuta su Berlusconi. Neanche su Renzi, in verità. Molto meglio così...

Dopo la lunga camminata e la sosta al parco Buena Vista con vari tentativi di fotografare il Golden Gate immerso nella umida foschia che pesa sulla città, ci incamminiamo verso il Golden Gate Park.


E' di nuovo uno slalom tra gli effluvi e le offerte di maria. “Weed bro?” è l'invito ricorrente che si sente rivolgere Luca, molto più adatto come target della domanda col suo penny ed il suo pizzetto di quanto non sia io con il mio grigiore e la macchina fotografica a tracolla.





Prima di sederci sull'erba però, assieme a centinaia di giovani e cani che l'erba, oltre che sotto al culo ce l'hanno anche nelle narici, facciamo rifornimento di viveri e frutta nel Whole Food lì vicino.

Consumiamo il nostro pasto, ancora una volta attorniati da odori che ormai ci impregnano i vestiti, al punto che, anche molto più tardi, mi sembra di sentire, annusandomi, l'odore della cannabis.
Una volta, ai miei tempi, andava di moda un profumo, patchuli,  o qualcosa di simile. Questo odore me lo ricorda proprio. Chissà se era nato con l'intenzione di confondere le idee...

Il caffè lo beviamo in un bar dall'altra parte della strada. Si chiama 672 ed è pieno di gente che, col computer (quasi sempre un mac) naviga in Internet usando il WiFi gratuito.
Il bar è specializzato in miscele di caffè che ti preparano al momento filtrando l'acqua calda nelle apposite cialde di carta riempite di polvere.
Un miscelatore/assaggiatore professionista le sta sperimentando su un banco lì vicino e, alla fine, ci lasciamo trasportare dalle sue descrizioni, assaggiando con un cucchiaio tre diversi tipi di preparazione.

La giornata continua con un trasbordo in autobus verso la caotica Chinatown, ricca di murales e cianfrusaglie, alla ricerca di Kerouac Street e della libreria City Light, vessillo della Beat Generation.
Una full immersion negli odori dei libri e delle nostalgie di quegli anni. Una serie di pittoreschi personaggi, molto spesso uomini di colore con cappelli stravaganti, sorseggia gratuitamente assaggi di letteratura nei tre piani di questa libreria che, se non fosse per la leggenda di Kerouac, sarebbe un normalissimo negozio di libri.








Da lì velocemente in taxi per un rapido ristoro a casa prima della penultima fatica della giornata: un giro in auto sopra il Golden Gate. Niente di paragonabile al resto della giornata, anche se, la maestosità del ponte è veramente notevole.

L'ultima fatica è la preparazione della cena . L'agnello californiano, che abbiamo preferito, seguendo il consiglio del macellaio, a quello neozelandese, non è 'sto granché. Per fortuna, il vino californiano, quello rosso, fa la sua parte e ci fa sembrare tutto più buono.

Ah, dimenticavo il motivo per il titolo di questo post.

Tornando all'inizio e ai due sbandati incontrati al Buena Vista Park è successo che, quando ce ne siamo andati, quello moro ha attratto la nostra attenzione con il solito “Hey guys” mostrandoci un cartello di cartone.
Da una parte aveva scritto, per distinguersi dalla folla : “I'm not a gay, but thank u”.

Dall'altra, aveva compensato con un originale: “Stay Fabolous”


Un invito che ci ha ripetuto diverse volte e che, in effetti, descrive alla perfezione il mio stato d'animo in questi giorni.


Buona notte (a me), buon giorno (a voi).

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